Architetture in vetro in ambito mediterraneo
Federico M. Butera
“Sustainable” and “ecological” are becoming fashionable words for advertising products: ecological car, ecological food, ecological bag, even ecological fuel. To claim that a product is sustainable or ecological helps to sell it. This trend applies also to buildings, and “sustainable architecture” and “sustainable design” is becoming a fashionable wording. Sustainable architecture has been, for decades, a small cultural niche ignored, sometimes ridiculed, by the official architectural culture, with very few exceptions. Nowadays, instead, also many famous architects, authors of the highest examples of modern architecture, start to include the word “sustainable” in the description of the main features of their projects. This is a very important and positive trend, since it is the most effective and powerful drive for, eventually, let sustainable architecture get out from the niche in which has been compelled up to now. The examples of sustainable architecture, published on the most important architectural journals and on large diffusion magazines, are the best mean to diffuse culture of sustainability and induce a replication process also in the far wider field of everyday architecture, the one represented by thousand of more or less obscure professional that are the real actors of the development of the building stock. In the last century, and especially in the last few decades, the architectural language has given more and more emphasis to the “lightness” and the “transparency” of buildings, pushing towards fully glazed envelopes. A brief history of the irresistible rise of glass envelopes in architecture is recalled for putting the problem in its appropriate cultural framework. The question then posed is: to which extent fully glazed buildings, especially those designed by famous architects claiming themselves as environment concerned, are actually sustainable? This is not a minor question, given their role of model examples of the rising new culture of sustainable building design. The effectiveness of envelope technologies largely used such as all glazed curtain wall and double skin is discussed, taking into account luminous, thermal and acoustic comfort with its connection to energy use, on the basis of the most recent findings available in specialised literature.
Potevano usare solo materiali locali e dovevano, per forza, adattarsi al clima locale. Non avevano impianti di riscaldamento né di condizionamento. Certo, il comfort nelle loro abitazioni non era quello che possiamo godere oggi: nelle giornate fredde d’inverno in casa faceva freddo, e quando c’era una successione di giorni e di notti calde, in casa faceva caldo. Così per millenni i nostri antenati, nella culla della civiltà occidentale, il Mediterraneo. Però, se provassimo a misurare il discomfort termico scopriremmo che – in assenza di impianti di riscaldamento o condizionamento – negli edifici costruiti alla maniera dei nostri progenitori esso è molto minore, sia come durata che come intensità, rispetto a quello che misureremmo negli edifici costruiti sul modello dell’architettura moderna; e durata e intensità del discomfort sono direttamente legate alla quantità di energia che occorre fornire per eliminarlo. Ne deriva che gli edifici di una volta, confrontati con quelli costruiti nel dopoguerra, sono meno energivori a parità di comfort termico fornito.
L’inizio del secolo scorso fu segnato da una parola d’ordine nella cultura architettonica: leggerezza e trasparenza. Al di là degli aspetti estetici che stanno dietro questo nuovo linguaggio architettonico, c’è da osservare che la trasparenza permetteva di ridurre il cupo grigiore degli ambienti nei paesi alle più alte latitudini, caratterizzati da lunghi inverni con poche ore di luce e cielo prevalentemente coperto: il benessere luminoso ne risultava certamente migliorato. Non a caso, quindi, la trasparenza ebbe grande successo nell’architettura nord europea e nord americana. A questo si aggiunga che la leggerezza – dato il clima con inverni rigidi con scarsa escursione termica giorno-notte ed estati brevi e fresche – non costituiva un limite (del resto le costruzioni tradizionali erano sempre state di legno, materiale “leggero” dal punto di vista termico). Il solo problema veniva dalla maggiore quantità di energia occorrente per mantenere le condizioni di benessere termico in inverno, ma ciò non costituì un problema, dal momento che l’energia era a buon mercato e non si sapeva ancora che bruciare combustibile fossile innescava il cambiamento climatico. Cecità fu il trasferimento acritico della trasparenza e della leggerezza al clima mediterraneo, dove dalla luce e dal sole bisogna proteggersi e dove la leggerezza è controproducente ai fini del comfort. Cecità o servilismo culturale e incompetenza? Fatto sta che, alto o basso sia il costo dell’energia, un edificio leggero e trasparente ai nostri climi è ben poco confortevole: prova ne sia che le tende vengono sempre tenute abbassate (e le luci accese anche nelle giornate più luminose) e l’aria condizionata sta accesa da maggio alla fine di settembre. Così le mezze stagioni, quelle nelle quali non occorre né riscaldare né raffreddare, si riducono a un mese. Cosa c’è di bello e confortevole in tutto questo?…
⇒ l’approfondimento continua sul numero 26 de ilProgettoSostenibile