Una nuova progettualità per i paesaggi costieri
Roberto Bobbio
Increasing risk is caused by global changes and local imbalances. The last affected by wrong interventions due to excess in land speculation and indifference towards the environment. This is particularly true in the Mediterranean coastal regions, where tourism has generated strong pressures on settlements during the second half of the 20th century. There is a tendency to react to the risk by reinforcing the defenses with works of strong impact; but it is possible to be effective by reducing with focused projects the exposition of what is valuable. In a more or less recent past, notable examples can be found that have maintained or enhanced the quality of the landscape introducing new values, instead of aiming to the mere conservation of the existing ones. A research under work, that applies GIS systems to a case study in the Italian Riviera east of Genoa, has redrawn the pattern of the data on land and heritage and confronted them with hazards and weaknesses. The result is a methodology of evaluation that defines matter of interventions and produces guidelines and recommendations, in order to foster new projects that could be sensitive to the specificity of the places, respectful of the environment and can aim to connect safety, economy and beauty.
L’obbiettivo della sostenibilità si scontra con pratiche insediative che non tengono nel dovuto conto equilibri di cui dobbiamo recuperare coscienza. Oggi c’è allarme per i possibili effetti disastrosi di un cambiamento climatico, ma è da tempo che il modello di sviluppo economico non è sostenibile e l’attenzione alle specificità di ciascun territorio e di ciascun sito è venuta meno. Vi è una quota di rischio dovuta a pericoli circoscritti ed eventi ricorrenti che rientrano nelle dinamiche ordinarie della natura ma si manifestano in modo dirompente per via delle conformazioni assunte degli insediamenti umani. Individuare le relazioni critiche tra ambiente naturale e insediamento apre a scenari di grande interesse sotto il profilo progettuale, nel momento in cui non ci si proponga solo di irrobustire le difese a protezione del costruito, ma si consideri la possibilità di mettere in discussione le logiche dell’ultimo secolo di crescita e ripensare i modi dell’abitare, per riconfigurare luoghi e paesaggi.
Nella seconda metà del ‘900 la consapevolezza della vulnerabilità delle nostre città e dei nostri territori si è molto ridotta, per poi riapparire sotto la spinta di eventi drammatici. I progressi tecnici nel realizzare costruzioni solide e nel modificare il terreno adattandolo ad esse, sotto la spinta della crescita urbana e dei processi economici, hanno indotto la convinzione che qualsiasi trasformazione fosse possibile e portato a sottovalutare i rischi. I pericoli vengono tendenzialmente percepiti come irruzione di elementi estranei in un contesto stabilmente regolato; si sottovalutano le possibilità di occorrenza di un evento estremo e non si riconoscono le fragilità intrinseche degli insediamenti, spesso aggravate dai comportamenti degli abitanti.
Un assioma sembra essersi fissato nella coscienza collettiva: che con opportuni interventi i luoghi possano essere resi permanentemente sicuri; una frana, un incendio, l’esondazione stagionale di un fiume saranno allora episodi perturbanti da contrastare, sicché nelle situazioni di rischio si reagisce alzando il livello della protezione e rendendo gli equilibri sempre più rigidi…
⇒ l’approfondimento continua sul numero 36-37 de ilProgettoSostenibile