tessile tecnico
11
Mag

I tessili tecnici per l’architettura

Alessandra Zanelli

‘Technical textiles’, also defined as ‘industrial textiles’ or ‘advanced textiles’,meet themost diverse range of applications frompharmaceuticals to transport, electrics and electronics to agricultural, themarine industry to aerospace and from clothing to construction.They can bemade from natural or syntheticmaterials and often present a composite nature and in rarer cases can be ‘functionalized’, that is to say featuring physicochemical properties that have beenmodified during the design phase with the aimof obtaining an end product with a unique performance. Textile yarn, biaxial fabric (warp/weft),multiaxial fabric (3D and 4D), non-woven laminates (film), non-wovenmat, coated and compositemultilayer fabrics represent only the principal product typologies created with different industrial processes to date.The use of technical textiles most widely used in construction are without doubt those regarding the geotextile sector and internal design,while emerging fields include the solar shielding and thermalmembrane sectors in order to improve the energy efficiency of vertical and horizontal closures within buildings.

L’involucro edilizio può essere inteso come la nostra terza pelle protettiva ed è proprio a partire dalla pelle dell’edificio che si vanno oggi a esplorare modalità nuove per rispondere al bisogno di sempre di autoregolazione dell’uomo, improntate a una completa integrazione tra sistemi costruttivi e dispositivi sensibili, al fine di garantire l’autosufficienza energetica degli edifici. Il sottofondo di innovazione portato nell’architettura dalle nuove tecnologie di matrice informatica e dalle nanotecnologie consente di affrontare in modo radicalmente nuovo un problema antico quanto l’uomo, ovvero quello dell’uso razionale delle risorse disponibili finalizzato alla sua sopravvivenza.

Questa ricerca progettuale lambisce persino la dimensione domestica dell’abitare, ovvero l’ambito più inerziale al cambiamento e ostile alle innovazioni: se si guardano alcuni recenti progetti di Georg Reinberg,Thomas Herzog, Behnisch & Partner,Mario Cucinella, si può infatti notare come l’edificio sia pensato quasi come una navicella spaziale a ciclo chiuso, in grado di produrre le energie per il suo funzionamento e di rilasciare nell’ambiente il minor quantitativo possibile di sostanze di scarto. Sicché vengono perseguiti in modo integrato tutti quegli obiettivi di riduzione dei consumi di elettricità, di acqua, di energia per il riscaldamento e il raffrescamento, o di uso corretto delle risorse e delle materie prime impiegate nella costruzione. Il più delle volte tali soluzioni costruttive prevedono l’impiego di collettori solari, pannelli fotovoltaici,masse murarie opportunamente predisposte per l’accumulo del calore, complessi sistemi bioclimatici di facciata che tendono sì a una maggiore efficienza energetica ma che, nell’insieme, appaiono come “macchine”molto complesse, ancora distanti dall’autosufficienza e da una nuova estetica per la casa del 21° secolo.

Un diverso percorso di avvicinamento allo studio di una nuova pelle sensibile per l’edificio è quello che viene proposto da alcuni progettisti attenti a cogliere le trasformazioni in atto oggi nella nostra seconda pelle, ovvero nel campo dell’abbigliamento tecnico (per condizioni di lavoro estreme, per lo sport agonistico, per il tempo libero) dove l’integrazione con sofisticati dispositivi di captazione della radiazione solare, di conduzione del calore o di trasformazione dell’energia cinetica del corpo, piuttosto che di isolamento da fonti di calore eccessive o di incremento della micro-ventilazione vengono messi a frutto per rendere sempre ottimali le condizioni di comfort percepito da chi indossa il tessuto, in relazione alle differenti situazioni termo-igrometriche esterne. In questo caso non si cerca dunque di applicare macchinari di autoregolazione a sistemi costruttivi di tipo massivo e tradizionale,ma di riprogettare completamente l’edificio, pensando a muri fatti di un materiale che sia esso stesso autoregolante, che appaia come un’unica pelle sensibile – come appunto il nostro tessuto epiteliale o come i nostri più sofisticati capi di abbigliamento – flessibile, leggera, naturalmente artificiale in quanto figlia delle più evolute tecnologie di produzione industriale al servizio degli avanzamenti della scienza…

⇒ l’articolo continua sul numero 30 de ilProgettoSostenibile

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