La rigenerazione del territorio: un manifesto per la neoruralità
Giorgio Ferraresi
The model of industrial and post-Fordist urbanism in recent centuries has a bitter heart and presents an original sin which is at the base of its unsustainability: throughout its creation and development it has denied and deteriorated the fundamental primary activity of supporting human life, the management of environmental cycles and territorial generation; until it has caused the radical genocide of the rural world. Furthermore it has reduced the territory to a space for the production and exchange of commodities. Now this primary activity is once again at the centre of the story in the depths of the crisis of this model where the way out is increasingly becoming clear as the reallocation of primacy to the lifeworlds and their form of rationality. A communicative reason, non-linear, contextual and orientated towards a cure that is opposed to instrumental reason which dominates the prevailing model in crisis. The ancient role of agriculture, in its complex and generative action moves in this way towards the future, in design as a creative reinterpretation of environmentalism, based on new forms of economic, civil and territorial organization: a growing ecological revolution (sustainability intended not simply as a limitation and compensation but an ecological matrix of new wealth and prosperity that induces the transformation of other economies) and anthropology (the social forms of food sovereignty and territory recognized as a common good, in an alliance between production and consumer awareness). This matrix implies a new design for the territory and cities, putting into play urban bulimia and the dominance of the real estate value of urban land and reconfiguring a new relationship between urban and rural contexts which pushes rurality to the fore and creates a relationship between complex territorial entities.
Nel cuore del territorialismo si esprime la definizione di “territorio come soggetto vivente”, complessa interazione di sistemi ambientali, insediativi e culturali/sociali (saperi, sacralità, economie, politiche, forme sociali, denominazione, identificazione assegnazione di senso); prodotta dalla plurimillenaria opera di “territorializzazione”, azioni antropiche nel tempo; ma non semplice accumulazione di artifici, bensì continua riconfigurazione della complessità. Questa azione costruttrice di territorio è stata nella storia l’agricoltura l’essenziale e la prima (appunto “attività primaria” in senso plurimo e denso) produttrice di cibo, materiali, governo dei cicli ambientali, matrice di luoghi, mediante trasformazione/domesticazione della natura. Fondatrice anche, in radice, dell’urbano, della città nel mito e nel suo processo di costruzione. Il territorio non esiste in natura, è un “costrutto”; e la natura nel territorio è natura seconda, riprodotta e governata.
Il tempo lungo della stratificazione del territorio è dispiegato secondo il respiro e il ritmo lento della attività primaria, secondo i percorsi di “ragione” e “mito”, a formare la complessità del territorio in una sostanziale compresenza. Ma configurando epoche e tempi diversi secondo la prevalenza o l’egemonia dell’uno sull’altro di questi due poli.
L’epoca che stiamo vivendo (e che ora attraversa la sua crisi strutturale di sostenibilità) ha costituito una forte discontinuità rispetto a questo procedere della storia e al ruolo centrale del coltivare per trasformare la terra; una discontinuità rappresentata dalla “forma vincente” della modernità che ha impresso una smisurata velocità alla trasformazione del territorio, inusitata e mai sperimentata in epoche precedenti.
Il suo fondamento ultimo può ben essere individuato nella nascita della scienza determinista e delle sue leggi universali dopo le rivoluzioni copernicana e newtoniana; e nello sviluppo dirompente della tecnologia che l’accompagna: l’instaurazione cioè di una pretesa cognitiva assoluta e insieme di una enorme potenza trasformativa che si intendono senza limiti: certezza e infinitezza…
⇒ l’approfondimento continua sul numero 29 de ilProgettoSostenibile