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Lug

Linee guida per le Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate

Paola Gallo

Guidelines for ecologically equipped production areas
In Italy, thanks to the Bassanini law and the introduction in some regions of regulations and instruments ruling the reutilization of the territory, there is a commitment to recover empty industrial zones with the aim of developing ecologically equipped production areas. Not only industrial zones are considered as production areas, but also shopping centres, general markets, logistic platforms for goods etc. The tendency to recover seems to achieve a double success: on the one hand the recovery of abandoned places which nevertheless still have potentiality for development; on the other hand the creation of conditions encouraging the development and economical growth of the tertiary sector. During recent years, thanks to the decisive push given by the European Union, the need to consider the development goals of the companies in a new competition context has gained importance and can be expressed as the “capacity of an economy to ensure its population, on a sustainable basis, high and increasing growth levels and high employment levels” (Lisbon 2000). This has laid the basis for an appropriate change in industrial policies: sustainable development has to demand environmental and social respect while improving economical growth. Industrial areas in expansion or renovating therefore represent the opportunity to become a scenario for a new generation of production areas designed according to an ecological concept. The environmental management of an industrial area, according to the norms in force and the regulation which have been issued, has to be an advantage for companies so as to achieve higher sustainable production and lead to a better quality of life both in the industrial area and in the territory where this area is located. Solutions are therefore not easy and have to consider both the characteristics of the territory and the history of the industrial area taken into consideration. According to this, the individuation of ‘development territories’ represents an analytic, strategic and operative matter having fundamental importance for the definition of expansion policies. In Italy APEA (Ecologically Equipped Production Areas) have been introduced and, in this article, the guidelines for the APEA of the Regional Administration of Tuscany (Regione Toscana) have been presented.

La crisi del sistema urbanistico degli anni ‘90 ha condotto ad una ridefinizione degli strumenti di pianificazione ai diversi livelli, da quello nazionale, regionale, fino a quello comunale. In riferimento alle aree industriali e seguendo questo impulso, il primo passo significativo a partire da quegli anni è stato sicuramente l’ampliamento del concetto di recupero anche alle aree marginali e nel caso specifico alle aree produttive dismesse, le quali, mediante l’istituzione di Programmi comunitari come LEADER, URBAN e di strumenti nazionali quali i Patti Territoriali, la programmazione negoziata, i PRUSST, i PRU etc, sono diventate oggetto di riqualificazione del territorio, in quanto aree cardine nelle decisioni strategiche dell’Amministrazione Pubblica.

In una prima fase la riqualificazione ha puntato ad una riconversione delle aree o dei singoli stabilimenti con destinazioni molto diverse da quelle originarie; in alcuni casi è stato riqualificato il singolo edificio trasformandolo nella rappresentazione della memoria storica del luogo, oppure riconvertito l’intera area in ”reative industries” (gallerie d’arte contemporanea, centri culturali, sedi di centri di ricerca e laboratori, etc). Negli ultimi tre anni però, la sensibilità da parte delle regioni nell’inserire le tematiche ambientali all’interno della pianificazione nonché la volontà di rendere tali iniziative sempre più programmatiche e standardizzate, ha dato nuovo impulso in tema di governance del problema della rigenerazione e riuso anche delle aree produttive dismesse. Una delle criticità maggiormente in evidenza, nonostante tali iniziative, è la mancanza di un concreto interesse nei confronti delle aree del tutto o in parte dismesse localizzate nei centri minori o nelle aree periferiche delle grandi città, in quanto scevre di quell’interesse immobiliare da parte delle grandi real estates e degli investitori che prediligono invece aree industriali e artigianali dismesse ben inserite nelle aree più sature del tessuto urbano, che spesso sono state oggetto di operazioni più o meno speculative di riconversione ad usi remunerativi.

Le aree a margine, anche se già inserite in zone a destinazione industriale, si presentano da un lato più complesse, sia per caratteri di natura ambientale (impatti di diversa origine: terreni da bonificare, eccessiva specializzazione degli edifici dismessi insistenti sull’area), sia per il processo di rigenerazione reso più lento dalla mancanza di finanziamenti, sia per il decentramento nei confronti del sistema produttivo (aree isolate e lontane dai poli produttivi di ultima generazione). Inoltre, queste risultano essere state abbandonate per la loro obsolescenza tecno-ecologica e di conseguenza a causa degli alti costi necessari per la loro riqualificazione: criticità emergente da affrontare per evitare le conseguenze della deindustrializzazione che comporta l’impoverimento dell’ambiente, la drastica riduzione delle attività economiche e il degrado urbano.

L’approccio al problema
In Italia, attraverso l’assunzione delle prescrizioni della Legge Bassanini e tramite l’introduzione nella legislazione di alcune regioni di regolamenti e strumenti che normano il riutilizzo del territorio, si punta al ripristino dei “vuoti industriali” mirando all’insediamento di Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate, considerando per aree produttive non solo quelle industriali, artigianali, ma anche i centri commerciali, i mercati generali, piattaforme di smistamento merci, ecc. Questo appare come una possibile soluzione ad un duplice problema: da una parte il recupero del territorio abbandonato ma che conserva al suo interno delle potenzialità da sviluppare; dall’altra la creazione di un ambiente favorevole allo sviluppo e alla crescita economica del settore terziario ultimamente vittima dell’internazionalizzazione dei mercati. La particolare caratteristica strutturale del sistema produttivo italiano vede una fortissima presenza di piccole e medie imprese; tale caratteristica si è presentata a volte come un limite invalicabile alla crescita di competitività e allo sviluppo della performance; un primo spiraglio al superamento di tale limite consiste nella presa di coscienza da parte della politica industriale di non poter più operare con strumenti pensati ed indirizzati alle piccole e medie imprese considerate come singole. L’obiettivo è quindi quello di puntare alla realizzazione di reti che diano espressione progettuale alle dinamiche di un sistema territoriale; infatti, sia le funzioni di politica industriale che quelle della politica di sviluppo del territorio richiedono la messa a punto di un meccanismo di governance dei sistemi locali di tipo nuovo, da sperimentare e da sviluppare attraverso un processo di “apprendimento istituzionale”. (…)

⇒ l’approfondimento continua sul numero 20 de ilProgettoSostenibile

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